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Giornata mondiale contro l’AIDS: la prevenzione si chiama Truvada

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Il 1° dicembre 1981 fu diagnosticato il primo caso di AIDS e da allora in questa data viene celebrata la giornata mondiale contro l’AIDS, dedicata a incrementare la consapevolezza degli effetti del contagio da HIV, il retrovirus responsabile dell’AIDS.
 
La novità è che quest’anno c’è una speranza in più. Pochi giorni fa, infatti, sono usciti i risultati di una ricerca che sembra indicare che la combinazione di due farmaci anti-virali (tenofovir e emtricitabina) è in grado di prevenire l’infezione da HIV. Lo studio, pubblicato su New England Journal of Medicine e coordinato dalla Gladstone Institutes, fornisce per la prima volta la prova che un farmaco normalmente utilizzato per controllare il virus in persone sieropositive può contribuire a prevenire nuove infezioni.
 
Lo studio clinico ha coinvolto circa 2500 persone di sesso maschile di diversi Paesi (Perù, Equador, Sud Africa, Brasile, Tailandia e Stati Uniti) e si è basato sulla somministrazione orale quotidiana di un farmaco chiamato Truvada. Al termine dello studio è stato rilevato che il gruppo trattato con il placebo presentava 64 casi di nuove infezioni su 100 partecipanti. I nuovi casi di individui sieropositivi erano invece soltanto 44 nel gruppo trattato con Truvada, vale a dire il 44% in meno.
 
Si tratta di un risultato mai ottenuto finora, ma questo non deve far abbassare la guardia. Anche se questa sperimentazione ha dato risultati incoraggianti, la sua efficacia sulla popolazione deve ancora essere testata. I ricercatori tengono a precisare che per combattere la diffusione dell’HIV la combinazione di più sistemi di prevenzione è la strategia su cui puntare. In particolare, in una società come la nostra dove molti sembrano essersi dimenticati del pericolo HIV, gli alti tassi di infezioni che si continuano a registrare ogni anno ricordano che non è certo il momento per indulgere in comportamenti sessuali a rischio o dimenticarsi del preservativo. Non sempre, però, è possibile ricorrere a queste misure preventive. Un farmaco come il Truvada potrebbe quindi essere fondamentale nei casi di esposizione accidentale al virus (abusi sessuali, punture con siringhe infette).
 
La pubblicazione di questo studio ha fatto alzare il sopracciglio a qualche scettico che si è chiesto come mai ci sia voluto tanto tempo. In fondo, il Truvada è disponibile dal 2004 e risalgono al 1990 le prime prove che l’assunzione di antivirali entro 72 ore può proteggere dall’infezione chi si sia punto con un ago o sia stato vittima di un abuso, in quella che viene chiamata profilassi post-esposizione.
 
Allora perché aspettare? Come ha sottolineato argutamente Donald G. McNeil Jr sul sito del New York Times, questo ritardo può essere la conseguenza di diverse situazioni avverse. Innanzitutto i tempi lunghi della sperimentazione clinica di nuovi farmaci sull’uomo, una procedura che può richiedere anche decine di anni prima che tutte le autorizzazioni necessarie vengano accordate. Ma nel caso dell’HIV c’è probabilmente qualcosa di più. Gli antiretrovirali, infatti, sono generalmente farmaci altamente tossici, fattore che non ha contribuito ad accelerare le fasi della sperimentazione clinica.
 
Esistono, inoltre, motivazioni di natura non strettamente farmacologica. Fattori ideologici o politici hanno ostacolato un dialogo aperto sul problema della trasmissione dell’HIV, ma è il fattore economico a rappresentare i maggiori freni. Molte aziende farmaceutiche, ad esempio, pur commercializzando farmaci antivirali, da cui traggono ingenti profitti, non sono facilmente disposte a intraprendere l'iter sperimentale per l'utilizzo dei farmaci a scopo preventivo negli individui sani. La ragione? Molti di questi farmaci hanno effetti collaterali molto forti, effetti che, secondo le aziende farmaceutiche, un individuo affetto da AIDS può essere più portato a tollerare senza protestare, ma che di certo un individuo sano non accetterebbe. Con il rischio di cause processuali da milioni di dollari sempre dietro l’angolo.
 
Dal 1° dicembre 1981 ad oggi sono passati 29 anni. Oggi, 1° dicembre 2010, il progresso della ricerca nel campo della lotta all’AIDS ha prodotto un’arma in più. Ma chi ne beneficerà o meno è una questione che oltre agli aspetti fondamentali della ricerca e della sperimentazione è legata a doppio filo a interessi economici e politici.


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